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Los Angeles: tra Lynch, Baywatch e Pantone

18 Gen

Oggi è il Martin Luther King Jr Day e io ho approfittato di questo lunedì di festa per scansionare, finalmente, alcuni vecchi negativi che avevo sul groppone da parecchi mesi. Non vi sto nemmeno a dire che ho dei rulli da sviluppare che addirittura risalgono all’estate 2014. Non ve lo sto nemmeno a dire, perché me ne vergogno. Tanto.

Forse non lo sapete, ma a settembre qui in America si celebra la festa del lavoro. Il Primo Maggio è ritardato di qualche mese ma, per fortuna, cade sempre il primo lunedì di settembre e questo, a casa mia, significa solo una cosa: weekend lungo, cari amici.
Quel weekend lo abbiamo speso a circa 10 ore da San Francisco, nella calda e soleggiatissima Los Angeles. Con me, la “nuova” Lomo LC-A e un rullo di Lomochrome Purple che non so per quale motivo, è venuto sovraesposto. Avrò fatto qualche cagata stupidaggine io?, mah, chissà, è passato così tanto tempo dalle foto alla scansione che non mi ricordo nemmeno più cosa ho fatto. A dirla tutta, quando ero a Los Angeles mi sembrava di usare la LC-A per la prima volta, tanta ne era passata di acqua sotto i ponti dall’ultima volta che ne avevo usata una.

Oltre alla Lomo, la Polaroid SX-70 era in borsa a prender caldo.

Il risultato di questo viaggio, quindi, è un mix di foto dai toni giallognoli e rosati, più che violacei. Quando le ho viste, volevo buttarle tutte subito, ma poi no, ho consapevolmente deciso di farvele vedere e di prendermi tutti i vostri insulti. Evviva! Postateli pure nei commenti qui sotto! ❤

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Per il resto, Los Angeles è a metà tra Mulholland Drive di Lynch (vedi il manichino triste con la parrucca in alto) e Baywatch, la famosa serie tv con la Pamelona che correva a salvare i bagnanti col suo striminzito costume rosso. Ci tornerei, però, solo per quella magnifica luce che scende all’ora del tramonto e il cielo diventa di quei colori che Pantone ha deciso di omaggiare come colors of the year. Guardare il tramonto a Santa Monica è stata una di quelle esperienze che entrano di diritto nella box “California, best moments ever” del mio cervello. La pellicola non l’ha colta quella luce, il mio telefono maldestramente è riuscito a far questo:

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Per ora è tutto cari amici, alla prossima!

Viaggi in Lo-Fi: in mezzo al deserto della Death Valley – pt. 1

27 Dic

Buone Feste cari amici! State mangiando? Io sto praticamente facendo scorta per i prossimi sei mesi, visto che sono tornata a casa dai miei. Dovete scusarmi ma ultimamente sono stata impegnata e ho aggiornato poco questo spazio. Oggi però voglio rimediare e aggiungere un luuunghissimo capitolo dei miei viaggi in Lo-Fi! Alè!

Per il lungo weekend del Ringraziamento, s’è deciso di prendere una macchina e affrontare uno dei road trip californiani più classici: la Death Valley, il deserto californiano ai confini con il Nevada. Dopo 9 noiosissime ore di macchina, in cui manco il brivido di cambiare marcia è concesso, si arriva in queste lande desolate che, agli occhi di una che viene dai paesaggi umidi della piana reatina, sembrano semplicemente incredibili, da film. Sono quasi sei mesi che sono negli USA e ancora non riesco ad abituarmi all’idea che NON mi trovo in un set cinematografico (nel bene e nel male, capiamoci).

Strade lunghissime e drittissime si perdono in mezzo a catene montuose tipiche dei paesaggi del Far West duro e puro. Nel vostro cammino, potreste incontrare: Wile E. Coyote e Beep Beep, tarantole, serpenti a sonagli, città abbandonate, vecchie miniere, bacini prosciugati che si trovano a km sotto il livello del mare, senza dimenticare le classiche balle di erba secca che rotolano indisturbate lungo la strada (vi giuro, ho inchiodato quando ne ho vista una). Insomma, uno dei viaggi più estremi che mi sia mai capitato di fare!

Dal punto di vista fotografico, è stato un viaggio meno “lo-fi” del solito, perché nel mio carissimo zaino c’era anche dell’artiglieria pesante, in tutti i sensi. Mi sono detta: stavolta non dovrò camminare granché, sarò comodamente seduta in macchina senza preoccuparmi di rimanere nei limiti di peso di nessuna compagnia aerea. Vive la liberté! Continua a leggere

Con il naso all’insù: una Yashica T3 a Muir Woods

3 Nov

Apro il post con una notizia sconvolgente: la mia LOMO LC-A è rotta. Stavolta è roba seria, non so se si riprenderà e i segnali non sono buoni: l’otturatore non dà segni di vita e sembra che ci sia stato un corto circuito interno. Ahi ahi ahi! Sono abbastanza convinta che sia tutta una questione di gelosia o di stanchezza. Sarà un caso, ma la LOMO ha smesso di funzionare proprio quando è arrivata a casa la Yashica T3 che ho preso sulla baia! Secondo me, deve aver pensato: “Ingrata, ne ho viste di ogni, sono sempre rimasta al tuo fianco, e mi sostituisci così?! *biiiiiiiiiip* [inserire insulto a piacere]”; oppure, dopo aver visto la nuova compatta, deve aver creduto che era arrivato finalmente il momento di andare in pensione. Bah, io comunque sono in lutto e consapevole di avere un rapporto morboso con le mie macchine, ma forse voi non ne siete nemmeno tanto sorpresi.

Ultimamente sentivo il bisogno di una fotocamera meno “giocattolo” e più precisa, allo stesso tempo semplice e pratica da portare sempre dietro. Ero indecisa tra la Olympus Mju II e una della serie “T” della Yashica, ma il fatto che la T3 avesse un’ottima lente (Carl Zeiss Tessar f/2.8) e un mini pozzetto da cui sbirciare dall’alto (ideale per gli scatti rubati) mi ha convinta e ho cominciato la mia ricerca. Erano secoli che non facevo un’asta o cercavo sui siti di annunci, quanti bei ricordi sono affiorati!

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